Vaticano, Museo Etnologico, l’anima mundi dei Musei Vaticani

È “riconnessione” la parola d’ordine che orienta il lavoro del Museo Etnologico dei Musei Vaticani: gli oggetti non sono solo opere d’arte da ammirare per la loro bellezza ma sono soprattutto ambasciatori culturali delle comunità da cui provengono. A sottolineare questo aspetto relazionale dell’etnologia è padre Nicola Mapelli, missionario del PIME e responsabile del Museo, durante la presentazione in sala Raffaello della Pinacoteca dei musei vaticani il 24 maggio del catalogo Le Americhe, che raccoglie e racconta circa duecento opere fra i diecimila manufatti americani in possesso del museo. «A noi piace chiamare il museo “anima mundi” e farne un luogo che dà valore alla memoria di queste culture, e non solo alla memoria del passato ma anche a quella del presente».

Entrata-del-museo-cut-678x381La lunga ricerca che ha portato alla stesura del catalogo e anche al nuovo allestimento museale non è si è svolta soltanto negli archivi e nei depositi, ma ha visto il missionario impegnato, in collaborazione con la studiosa australiana Katherine Aigner, in una serie di viaggi dall’Alaska alla Terra del Fuoco: «si è trattato soprattutto di incontrare delle persone, di sentire la loro anima e portarla nel museo». Lo studio ha consistito spesso nel mostrare le foto dei manufatti alle comunità e cercare insieme a queste di ricostruirne la provenienza, l’origine, il significato.

Un esempio concreto citato da padre Mapelli di questo dare anima al museo è il suo incontro con l’ottuagenaria cilena figlia di Juan Calderón, che nel 1924 per tramite di un missionario inviò in dono al papa una maschera cerimoniale del suo popolo, gli Yahgan del Cile. Il cestino che l’anziana ha intrecciato mentre condivideva con padre Nicola i dettagli sulla storia e la cultura Yahgan e che la signora ha poi regalato al missionario si trova ora esposto al Museo accanto alla maschera donata quasi un secolo fa dal padre di lei. (…) Continua a leggere su Missioni Consolata