Sostegno ai popoli indigeni del Roraima – Brasile

Mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza. E’ lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti. Questi valori hanno radici molto profonde nelle popolazioni aborigene. (Laudato Sì, 179)

Fare cooperazione e solidarietà internazionale nelle terre indigene è un lavoro molto particolare, diverso da quello che si svolge in altre aree del mondo. Se in passato l’operato dei missionari della Consolata in Roraima (Brasile) si è concentrato anche sul fornire servizi di base – ad esempio i centri sanitari: basti pensare a quello di Catrimani, avviato dai padri e poi via via assunto dalla sanità pubblica brasiliana – oggi lavorare in terra indigena significa principalmente due cose: fare da forza di interposizione fra gli indios e i vari poteri che, per favorire i propri interessi economici, vorrebbero spazzarli via, e accompagnare le comunità nella loro lotta per il riconoscimento effettivo e tangibile dei loro diritti.

Riconoscimento che, oggi, ha un’importanza ben più ampia di quella locale, perché la presenza stessa delle comunità indigene, oltre che le loro conoscenze tradizionali sulla preservazione delle terre nelle quali vivono, ha un ruolo fondamentale nella salvaguardia dell’ambiente. Anche la COP21, la Conferenza sul clima che si è svolta a Parigi a dicembre 2015, ha riconosciuto l’esigenza di difendere e promuovere i diritti dei popoli indigeni.

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Ecco dunque che i progetti in Roraima non sono, come avviene in altre zone dell’America Latina e in Africa, il rafforzamento di strutture sanitarie o educative, gli interventi per l’accesso all’acqua e simili, bensì interventi che permettano la protezione della cultura indigena come l’organizzazione di incontri, la pubblicazione di documenti, la ricerca antropologica su cosmogonia, medicina naturale, metodi tradizionali di sussistenza (agricoltura, caccia, pesca). Sono interventi più difficili da far comprendere ai benefattori e donatori abituati a sostenere un’iniziativa immaginando il loro aiuto materializzarsi in un dispensario, una scuola, un pozzo.

Cancelleria per gli incontri, spese di pubblicazione, di consulenza, costi per i viaggi in taxi aereo (a volte il solo mezzo per raggiungere la terra indigena), carburante per le piccole barche che solcano i fiumi dell’Amazzonia, sanno più di burocrazia e logistica che non di solidarietà e sviluppo. Eppure, questi aiuti sono fondamentali, imprescindibili addirittura, perché rendono possibile il lavoro dei missionari con i popoli indigeni e la difesa dei popoli indigeni stessi. Senza il carburante che permette alle canoe di portare i missionari a visitare le comunità, senza gli avvocati, gli esperti di biodiversità e di diritto alla terra che danno alle richieste degli indios una base tecnica e giuridica, senza i viaggi e il cibo per gli incontri degli insegnanti indigeni che si organizzano e si mobilitano, i popoli dell’Amazzonia rischierebbero di essere dispersi, cancellati e dimenticati.

Per questo vi chiediamo di riflettere sul nostro lavoro accanto agli Yanomami, ai Makuxi, ai Patamona, ai Taurepang, ai Wapixana, agli Ingaricò del Roraima, e su quanto le rivendicazioni di questi popoli siano così simili alle nostre quando lottiamo perché i nostri prodotti tipici non siano spazzati via da quelli dei colossi multinazionali. O quando chiediamo che lo stato non ci dimentichi ma, al contrario, ci difenda dal potere economico di pochi, dall’omologazione culturale, dall’informazione manipolata contro cui i cittadini non hanno potere.

E se poi deciderete di aiutarci, potrete immaginare questa volta non un dispensario, una scuola o un pozzo, ma i nostri missionari che solcano fiumi a bordo di una piccola barca di legno, che camminano nella foresta, che si siedono insieme agli indios in una sala comunitaria a forma di maloca per dire a questi popoli: «Pretendete le aule scolastiche, i servizi sanitari, le terre ancestrali che vi spettano di diritto, e fatelo con coraggio. Noi non vi lasceremo soli, vi accompagneremo e vi difenderemo».

E potranno dirlo grazie a voi.


Come puoi aiutarci
Con 10 euro regali una scatola di penne per gli incontri comunitari
Con 30 euro assicuri un cambio d’olio per il motore delle barche
Con 50 euro doni un registratore per le testimonianze degli anziani sulla loro cultura
Con 60 euro sostieni i costi per la stampa di opuscoli informativi
Con 100 euro contribuisci al salario di un consulente o di un esperto
Con 500 euro offri un volo in taxi aereo per raggiungere le terre indigene più isolate




Le nostre attività per la difesa dei diritti delle comunità indigene del Brasile – terra, sanità, istruzione, formazione – sono anche nel Catrimani, Amazzonia, dove abbiamo realizzato il progetto Maestra Foresta e dove sosteniamo le attività della comunità yanomami.

Lavoriamo inoltre con i popoli indigeni della diocesi di Orán in Argentina e nel Vicariato di Puerto Leguizamo – Solano, nel Caquetá Colombia,
In Colombia, il lavoro con i popoli indigeni è parallelo a quello con gli afro-discendenti e i campesinos.

Per saperne di più leggi gli articoli su Missioni Consolata di dicembre 2015.