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Editoriali


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La storia del lavoro dei missionari della Consolata con i popoli indigeni è cominciata negli anni Sessanta e ancora oggi è una storia di scoperta, condivisione, lotta per i diritti.
Da oltre cinquant’anni a Catrimani e Raposa Serra do Sol (Amazzonia brasiliana), da poco meno nel Cauca (Colombia), nel Chaco e a Oran (Argentina) e a Tucupita (Venezuela): la storia del lavoro dei missionari della Consolata con i popoli indigeni è cominciata negli anni Sessanta e ancora oggi è una storia di scoperta, condivisione, lotta per i diritti.
Dalla campagna Uma vaca para o Indio a Raposa al Progetto Nasa a Toribio alla promozione dei diritti dei Tupì Guaranì nel Chaco, l’impegno dei missionari è stato quello di accompagnare le comunità nelle loro iniziative per denunciare gli abusi, far valere il proprio diritto alla sanità, all’istruzione, alla preservazione della lingua e della cultura indigena e amplificare la loro voce che chiede terra e dignità.
Molte delle attività con i popoli indigeni, oltre che nella formazione professionale o nel sostegno all’avvio di attività generatrici di reddito quando richiesti dalle comunità, consistono nella sensibilizzazione in loco, nella copertura dei costi per consulenza legale da parte di esperti nel caso di violazione dei diritti degli indigeni, nel supporto all’organizzazione delle campagne o delle riunioni di coordinamento, nella valorizzazione della cultura indigena attraverso ricerche sulla cosmogonia, sulle tradizioni, sul rapporto con la natura.
Oggi, il lavoro di Mco per sostenere i diritti dei popoli indigeni continua in Brasile, a Catrimani e in Terra indigena Raposa Serra do Sol, e in Venezuela, con il popolo warao.
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